Parrucconate: Minecraft

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Sono passati ormai gli anni in cui compravo molte riviste di videogiochi ogni mese. Con il fatto che internet è ormai diventato il canale d’informazione privilegiato sul mondo videoludico, adesso le testate cartacee che parlano di videogiochi sono sempre meno, almeno nel nostro paese. In Inghilterra, invece, per ora la situazione sembra ancora reggere, con varie pubblicazioni mensili che vanno dalle riviste monopiattaforma a quelle che danno informazioni su un po’ tutto quello che fa parte del mondo dei videogiochi. E’ su una di queste ultime, Games appunto, che oggi ho letto una notizia che mi ha fatto pensare parecchio (quei 5/10 minuti per avere l’idea malsana per un nuovo post).

Ho letto un reportage di speculazioni sul recente acquisto da parte di Microsoft di Mojang Studios, e del loro gioco Minecraft, per la bellezza di 2,5 miliardi di dollari. Per quei pochi come me che non lo sapessero, Minecraft è un gioco multipiattaforma (nato in origine su PC) che ha generato un fenomeno commerciale di portata gigantesca. Con più di 54 milioni di copie vendute, oltre cento milioni di download, più enormi guadagni da merchandising vario, è chiaro come il gioco ideato dallo svedese Marcus Persson sia diventato un colosso che ha cambiato l’industria profondamente, e con essa il modo di fare videogiochi. E l’enorme esborso di Microsoft per acquistarne la proprietà è forse il più limpido degli esempi del suo successo.

Il bambacione Persson, ora miliardario

Il bambacione Persson, ora miliardario

Tuttavia, non è del prodotto Minecraft in sé che voglio parlare. Dato che non ci ho mai giocato, non posso parlare di come sia fatto nel dettaglio, se sia bello o brutto. Al limite posso essere invidioso marcio di Persson che ora fa la bella vita e non ha più una bega al mondo. Ma questo non sarebbe il tema del post. Tuttalpiù quello dei miei sogni di vendetta di stanotte. Quello di cui voglio parlare, invece, è di ciò che il successo di Minecraft mi ha insegnato sui videogiochi di adesso.

In due parole due, Minecraft (già finite) è un cosiddetto sandbox game, ossia un gioco che ti proietta in un mondo virtuale assolutamente libero e senza missioni specifiche da eseguire per proseguire. Proprio come in un recintino di sabbia da parco giochi per bambini, i giocatori sono liberi di fare quello che vogliono: possono muovere il proprio alter ego blocchettoso (abbastanza bruttino, a dirla tutta) per tutto il mondo e decidere di usare altri blocchi per costruire qualsiasi cosa (à la Lego), accumulare risorse, combattere, esplorare e via dicendo. Le possibilità, insomma, sono illimitate e crescono ovviamente con l’interazione fra i giocatori della grande comunità virtuale love minecraftiana.

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Una fan americana di dieci anni, Sabrina Lane, ha sintetizzato l’essenza del gioco benissimo in un accorato appello alla Microsoft per non snaturare il prodotto Mojang: “Minecraft è educativo perché le cose te le devi guadagnare. Se vuoi del latte, mungi una mucca. Se vuoi dei diamanti, inizia a scavare in miniera, e con un po’ di fortuna forse ne troverai un po’ […] Minecraft è perfetto così com’è: puoi scegliere di costruire in qualunque modo tu voglia, facendo creazioni fantastiche, o puoi costruire come nel mondo reale, e fare cose bellissime”. In un guscio di noce, libertà completa al giocatore. Tutto molto bello. INVECE NO. E’ proprio questo che mi spaventa. E’ proprio questo che non mi piace e mi fa quasi cadere il parruccone sulla faccia.

L’enorme successo di Minecraft ovviamente mi dà torto, ma da buon parruccone me ne infischio e mi lamento. Mi lamento della direzione che stanno prendendo molti giochi,quella di dare completa libertà al giocatore. Che non sarebbe neanche un male in sé, solo che questa libertà viene data a un livello così alto da eliminare il concetto di videogioco stesso. Se, come in Minecraft, non si danno regole di nessun tipo, allora il concetto stesso di libertà in un videogioco si perde. Un esempio: se nel gioco io posso decidere di mungere una mucca per avere del latte all’infinito, viene a mancare uno scopo principale da seguire nel gioco. Non ho bisogno di mungere la mucca per andare avanti. Ogni azione, dalla più semplice come procurarsi del latte, a quella più complessa come costruire un’intera Midgard (bellissima, fra l’altro) si appiattiscono nella loro funzionalità. Per le dinamiche del gioco, hanno entrambe la stessa valenza. Come l’avrebbe andare a zonzo per gli ambienti di gioco e basta. E questo me lo chiamate divertimento?

MIdgard di Final Fantasy VII

MIdgard di Final Fantasy VII

Certo, uno potrebbe subito obiettare: “ma che ti frega? E’ un gioco e bisogna divertirsi. Se uno, parecchia gente, si diverte così, che c’è di male?”. Sì, è vero, ma quest’affermazione mi fa pensare anche a quello che stanno diventando – o forse in buon parte già lo sono diventati – i videogiochi. Un brutto surrogato della vita reale. Un modo per conoscere gente, fare quello che ci pare, vedere i risultati di ogni piccola azione…. vi ricorda qualcosa? Più o meno sono le stesse cose che si potrebbero fare in una normale vita sociale. (So che ci sono eccezioni, ovviamente.) Allora mi chiedo: perché ho bisogno di farle in un videogioco? Se devo buttare ore della mia vita, e altrettante diottrie, perché devo farlo in un enorme mondo dove non ci sono né una storia, né una logica precise? Scusate la parrucconata, ma non vi trovo niente di così divertente né accattivante. Un videogioco per me deve avere una storia precisa (più o meno elaborata a seconda del genere) un’ atmosfera e delle avventure tutte sue, che possono essere vissute solo giocando a quel gioco. Un videogioco dovrebbe catapultare in un mondo fantastico che è per definizione diverso da quello reale. Poteri speciali, lotte inverosimili contro mostri leggendari, ma anche puzzle game visionari e giochi che ti fanno diventare un rockettaro anche se non l’hai mai messo in mano preso una chitarra in mano. E’ proprio la capacità di un videogioco di far diventare l’inverosimile verosimile e divertente a decretare il suo successo. Seguire le regole interne di un gioco, per quanto strampalate, mi fa immedesimare nel suo mondo. Mi tiene incollato ore e ore davanti allo schermo. Ma se queste regole non esistono minimamente, dov’è il divertimento?

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Intendiamoci bene. Non sto facendo una petizione per la linearità nei videogiochi. La mancanza di rigidi binari prestabiliti, e l’aumento delle possibilità di risolvere una situazione nei giochi di oggi sono indubbiamente innovazioni positive e divertenti. A mio parere, a un gioco come il celebrato Uncharted 2 avrebbe indubbiamente giovato molta meno linearità. Ma non-lineare non deve significare senza scopi, regole o, come diceva il Bembo “à la cazzo di cane”. La dissoluzione di elementi ludici tradizionali come storia, caratterizzazione, struttura dei livelli, ecc. porta a una devalorizzazione del videogioco come unico mezzo per fornire un certo tipo di intrattenimento, e lo banalizza. Vengono a mancare quelle cose che si possono fare solamente nei videogiochi. E quando le cose virtuali sono uguali a quelle reali, il mondo vero vince. Se uno vuole mungere una mucca, vada in una fattoria. Se uno vuole costruire una struttura avveniristica, giochi con la Lego. Se uno vuole incontrare gente e fare amicizia, beh, basta uscire di casa. A meno che uno non viva di fronte a un burrone, si intende.

street-fighter-wallpaperIn definitiva, cos’è che rende il mondo di Minecraft originale e unico rispetto al resto? Niente, oltre alla sua grafica di blocchetti retro, di cui personalmente avrei fatto anche a meno. Anche quando ci sono elementi di azione come combattimenti, non sono esperienze uniche che da sole giustifichino l’acquisto del gioco. Non mi pare che Minecraft aggiunga niente al mondo dei videogiochi, se non un’ enorme comunità virtuale che vive in un altro mondo. Quando un videogioco arriva a sostituirsi (non come tempo, ma come contenuto), alle attività del mondo reale, allora perde di significato e divertimento. Un videogioco deve farmi fare cose che non potrei mai fare nella vita di tutti i giorni, tipo sparare Hadoken a velocità supersonica, o liberare un’intera isola da un dittatore a suon di cannonate. Non voglio usare un videogioco per guidare sicuro e prendere la patente: voglio usare un videogioco per andare a 200 km/h in centro e fregarmene se investo una scolaresca.

Ma evidentemente sono io che mi sbaglio. Il successo planetario di Minecraft e affini dimostra come l’industria stia andando in una direzione che non mi piace, e che non voglio appoggiare (e a cui non lo voglio appoggiare). Sarò all’antica, ma preferisco restarmene ancorato ai miei picchiaduro in 2d, piuttosto che costruirmi una casa virtuale dove pascolare le pecore. Se mi devo rompere i coglioni anche nei videogiochi….

Il parruccone impertinente

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Pubblicato il 03/12/2014, in Videojuegos con tag , , , . Aggiungi il permalink ai segnalibri. 2 commenti.

  1. Darth Valus

    Vorrei fortemente dissentire con i suoi pareri; al contrario, mi ritrovo anch’io una bella parrucca incipriata in capo…

    Io sono sempre stato un sostenitore del voler fare nei videogiochi ciò che non è possibile fare nella vita reale. Altrimeni che ci stanno a fare?
    Estremizzando, io sono contrario anche a molti giochi sportivi, tollerando solo quelli che implicherebbero costi esorbitati nella vita reale (vedi F1). Per giocare a calcio, piglia un pallone e vai al campetto con gli amici!

    Inoltre, non vedo di buon occhi nemmeno i free roaming, cugini di secondo grado dei sandbox games. GTA V: vorrei sapere chi davvero fa le missioni e chi invece passa il tempo a sparare ai pulotti e fare bischerate che nel mondo reale non potrebbe fare. Divertente, non ho dubbi, ma lo scopo qual’è?

    Ma allora, direte, non ti va bene niente! Sbagliato, ci sono molti giochi, anche popolari, che mi piacciono. Ma questo non è il luogo per continuare questa lunga riflessione.
    Ora mi fermo, visto che il peso della parrucca sta diventando insoppportabile.

    Grazie ancora L’Uomo Del Giappone per aver fatto nascere in me queste riflessioni. E questa bella parrucca.

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  2. Eh, la parrucca non ce l’hanno mica tutti. Va saputa portare. Sono d’accordo in linea di massima. Sui giochi di calcio, visto che ne faccio uso, posso dire che immagino sia divertente giocare con il Real Madrid e fare giocate funamboliche con Ronaldo o Bale. Cose che almeno io non potrei fare mai nella realtà.

    GTA è stato rivoluzionario a suo tempo. Non ho giocato al V, ma credo sia un bel prodotto, molto curato. Mi chiedo però a che punto siamo arrivati quando in un gioco si esaltano di più le sub quest, i veicoli che si possono pilotare, piuttosto che la cornice narrativa che dovrebbe rendere il tutto divertente. Le digressioni sono belle quando rimangono quello che sono. Digressioni da una trama principale, appunto.

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